Ritorno al futuro per la Pro Patria?

Che Pro Patria sarà quella del prossimo campionato sotto il punto di vista tattico? Una domanda che fino allo scorso anno sarebbe stata di una banalità sconcertante. L’era “turottiana” ha da sempre avuto un “must have” che per decenni ha fatto rima con un’unica soluzione: modulo 3-5-2. O meglio, 5-3-2 vista la maniacale attenzione alla fase difensiva, che ha portato a record di impermeabilità da guiness dei primati. Un modulo redditizio che ha permesso di raggiungere tutti gli obiettivi di inizio anno, dalla promozione in serie C alle salvezze mai sofferte e ai playoff di consolazione.

Un modulo vincente che ha però concesso poco o niente alla spettacolarità, al gusto estetico, alla giocata d’autore per la scelta costante di privilegiare il collettivo al solista, al trequartista di qualità. La Pro Patria di Javorcic era certamente di acciaio inox, ma certamente non ha mai messo il vestito elegante, quella di Mister Vargas ci ha provato, ma per motivi vari si è tornati al passato.

Poi, ecco che succede l’imprevisto con Mister Colombo. Un ragazzino francese, classe 2004, decide di sfidare una storia fatta di certezze, di dogmi tattici, di inossidabili convinzioni. Le sue giocate stuzzicano l’appetito dei tifosi, soprattutto quelli con la bocca buona, quelli che hanno visto un calcio diverso da quello odierno, spesso tutta forza e corsa giovanile condito da qualche colpo d’autore. La provocazione è fin esagerata, fa tremare schemi consolidati e apre orizzonti ai quali nessuno era preparato. Come accade per tutti i talenti della storia, all’inizio la punizione è l’oblio che il talento in erba patisce seduto sulla panchina dei tigrotti. Un prigioniero del vecchio modulo che non prevedeva l’estro, la genialità, l’inventiva e la creatività del trequartista a favore dell’organizzazione tattica, dell’attenzione maniacale della fase difensiva e ai famosissimi duelli. Per non parlare della deprimente attenzione alle “seconde palle” dell’era Javorcic, che molto hanno dato come risultati, ma pochissimo restituito come qualità del gioco.

Intanto, chissà perché, dopo così tanti anni, il corpo rigettava il modulo che da sempre lo aveva esaltato. Seguiva un digiuno quaresimale che è colpevolmente durato per ben 19 settimane, durante le quali solo i risultati non negavano l’evidenza, gli altri rimanevano aggrappati ad un passato che stava rinnegando sé stesso. Finalmente arrivò la resurrezione, dopo aver messo in croce chi, fin da subito, si era permesso di far notare che “la bibbia tattica” del passato stava diventando la torre di Babele biancoblu. Tutti parlavano una lingua diversa da quella che si sarebbe dovuti parlare. Il talentino francese ha quindi vinto la sua battaglia e, uscito dall’oblio”, ha ridato smalto anche a chi, come bomber Castelli, da tempo sognava un gioco che lo mettesse a suo agio e sfruttasse le sue caratteristiche. Difficile andare in doppia cifra quando nasci attaccante e ti fanno credere di essere un attaccadifensore. Ovviamente per due giocatori felici, c’è sempre  ne è sempre uno scontento, nel caso specifico con nome Bertoni, vera vittima del cambio modulo. Una scelta del tutto coerente con la filosofia societaria che privilegia il lancio di giovani talenti in ottica di valorizzazione a beneficio del bilancio economico. Per cui, anche da questo lato un secco “no discussion” su quello che si è fatto e che si sarebbe dovuto fare fin da subito.

E adesso? La domanda diventa finalmente lecita, dopo troppi anni di immobilismo tattico Che si fa? Il talentino francese rimane e si partirà da dove si è terminato? Oppure, il talento verrà ceduto e si tornerà al passato, considerando l’eccezione come la conferma alla regola? Oppure, Sandro Turotti ha già sotto mano un talento alla Pitou che potrà dare continuità alla novità dello scorso anno. O, da ultimo, nessuno di queste con un rinnovamento totale in grado di aprire un’altra soluzione tattica.

Strano porsi queste domande dopo così tanti anni nei quali la scelta dell’allenatore era conseguenza dell’accettazione del mantra tattico, ma anche finalmente un’opportunità per aprirsi ad un cambiamento che, senza tradire le guidelines del passato, possa restituire una Pro Patria più sparagnina, più vicina al suo dna di squadra giovane e spensierata. Il progetto di riavvicinamento dei tifosi allo stadio non può non passare da un miglioramento dello spettacolo proposto, assai arido fin qui. Se un film vince l’Oscar, ma piace poco, in pochi lo andranno a vedere nella sale cinematografiche. Non si chiede il genere comico, nemmeno il drammatico, ma solo qualcosa che possa divertire e giustificare prezzi di ingresso al momento non proporzionali allo spettacolo che lo spettatore riceve. Che ne dica il presidente della Lega di Serie C o il CEO di Sky che da mesi si imbrodano dichiarando di aver offerto uno spettacolo senza precedenti con il campionato di terza divisione. Ci chiediamo se è la miopia che influisce sul commento, oppure se chi dice queste cose è abituato così male che vede oro quello che è invece ferro. Insomma, un Frara, un Ferretti, un Correa, un Basilico, un Montesano, un Giannone o anche solo ( viste le ristrette del periodo), un Mauri sano, ogni tanto non guasterebbe e farebbe la felicità di chi, oltre a vincere, vorrebbe gustarsi un po’ di calcio di qualità.

Flavio Vergani

 

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