Reggiogodo ( di Silvio Peron)

Tra tanta bigioteria, un brillante. Grazie a Silvio Peron per averci regalato questa emozione

FV

REGGIOGODO
Vien da pensare che le pareti del Purgatorio siano tinte di bianco e di blu. Il pennello nelle mani, a turno e tanto per citarne alcuni, di Zeytulaev, dell’arbitro Pieri, di un certo Di Nardo che nella sua carriera calcistica ha avuto l’apoteosi in un irreale giorno di giugno. Vien da pensare, appunto, quali peccati abbia da scontare una delle glorie calcistiche della provincia italiana. Si chiama Pro Patria, si legge tigrotti il cui mitico antro (lo “Speroni”) è accompagnato – adesso con qualche crepa – da un alone di invincibilità. Storie e leggende che si intrecciano nella quotidianità di un brend orgoglio di generazioni bustocche.
Entrando nel Purgatorio si ha comunque diritto di alzare la testa, di scovare lassù, dove si spera un giorno di ritornare, quegli attimi di felicità con cui premiare il popolo della Pro. Un premio rimasto incompiuto in quella fantastica e maledetta stagione in cui una super squadra ha avuto per lunghi tratti una società dai piedi d’argilla. La consolazione di quel flop ce lo regala la tecnologia a cui ricorrere per ammirare un gol firmato da Do Prado, da un brasiliano (per la serie C un fuori categoria) dal fisico possente e dai piedi educatissimi. Pensate: fu presentato a Mozzate dove si allenava la Pro con pochi e l’allora d.s. Francesco Lamazza aprì lo sportello di un pulmino con lo stemma della Pro per dare un senso a quell’evento. Nel calcio di oggi è difficile specchiarsi, nel calcio di ieri le prodezze non dovevano passare al vaglio di una macchina che tira le righe e schiaffeggia colui il quale ha un calcagno fuori posto. Ricostruendo quel che è stato come si fa a non tornare al “Giglio” di Reggio Emilia? Chiamatele, se volete, emozioni profuse a piene mani. La Reggiana che scappa e fa scappare il presidente Savino Tesoro, il quale, vista la mala
parata, al terzo gol dei padroni di casa si è messo al volante della sua auto per tornare a casa. La calata dei bustocchi verso la terra del Parmigiano-Reggiano assumeva i contorni della disfatta. Ma quella squadra, quel Dream Team, farcita di classe, temperamento e orgoglio non poteva arrendersi senza combattere. Uno, due e tre in un amen, i granata riacciuffati e sorpassati costringendo Tesoro a invertire la marcia e tornare rapidamente a Reggio perché, come un segno del destino, i suoi giocatori avevano in serbo qualcosa di speciale. Lui, Do Prado, non aveva ancora finito il lavoro. Al suo diadema mancava una perla, una chicca che ancora oggi su You Tube ha migliaia di visualizzazioni. Un’azione da scuola calcio orchestrata da Toledo, rifinita la Melara e conclusa dall’asso verdeoro con un tiro al volo di destro che ha fatto schizzare in piedi gli oltre 5mila spettatori. Finì 5-4 per la Pro Patria, i tifosi bustocchi che sulla via del ritorno affollavano gli autogrill, raccontavano una favola che alla fine delle fiera è rimasta solo una… favola. Fermiamoci qui sennò negano perfino il desiderio di essere, un giorno, finalmente nell’Eden. Fermiamoci ma
godiamoci ancora l’eco di quel momento. Alla gente bustocca hanno negato un sogno senza scalfire l’orgoglio e in senso di appartenenza. La consolazione, guardano quelle immagini, è magra: cosa devono dire, allora, coloro i quali non hanno neppure il supporto di un clic?
Silvio Peron

(Giornalista de “la Prealpina)

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