Lontano, lontano nel tempo… Il campionato è appena finito e siamo già in crisi d’astinenza. Intrigante pallone che rotola insieme con le emozioni, le contraddizioni, le ansie che alimentano la passione. Ecco, la passione. Il termine è scivoloso perché si potrebbe mescolare il sacro con il profano. Ma il calcio di oggi clona i cirenei, ossia coloro i quali portano la loro croce. Chiamateli, se volete, tifosi. I quali, ormai spogliati delle loro certezze, soffrono per la loro squadra e soffrono per le decisioni catapultate oltre la trincea dentro la quale eroicamente resistono. Date sballate, orari impossibili (ricordate i viaggi a Legnago, Verona o Trento con ritorno a notte fonda?), settori ospiti – parliamo dello “Speroni” – senza un’anima viva che proietta sugli schermi un’immagine deprimente. Neppure il filo magico di Arianna avrebbe consentito di uscire da questo labirinto. Poi ci sono le sperequazioni fra una squadra e un’altra. La Pro Patria ha combattuto contro colossi gestiti da altrettanti marc’antoni dell’imprenditoria. Ma, per dirla come l’ex Artico, a Busto si fa sempre tanto con poco. Le correnti di pensiero sono legittimamente divise sul concetto del “poco” immaginando che la differenza sia solo una questione di soldi. Si scopre, ad esempio, che squadre dal monte-ingaggi prossimo ai 10 milioni fanno un turno di playoff e vanno a casa. La prova che i soldi non sono la panacea di tutti i mali ma, grazie al cielo, la competenza, la conoscenza e il rigore hanno un senso anche in questo calcio sbilenco. Tre pilatri sui quali poggiano i tigrotti. Conoscenza e competenza che permettono a Sandro Turotti di aggiornare, anno dopo anno, i suoi capolavori. L’ultimo, a nostro giudizio, meriterebbe una saletta del Louvre. Sei giovani sempre in campo, un tecnico esordiente, un mercato di gennaio con uno scambio di prestiti è un insegnamento per chi vuole diventare un direttore sportivo. Si dirà che la borsa è stretta, i piccioli contati quindi senza creatività si cola a picco. Critica alla società? La lettura ci può stare ma è solo uno spaccato di un ragionamento più profondo. Ricordate l’asino di Buridano? Morì di fame pur avendo di fronte due mucchi di fieno. Per dire che, fino a prova contraria, la presidente Patrizia Testa non ha bisogno di scegliere e centra i suoi obiettivi con parsimonia e con un progetto lineare e che, per ora, dà frutti. Valorizzare i giovani che portano soldi, far di conto anche sul centesimo, accontentare l’area tecnica, compresa quella che si occupa di mercato, senza colpi costosi che, qualche volta, sono botti a salve. Il quadro di una stagione archiviata con la possibilità di ripartire dai professionisti. Ma qualcuno obietta che si riparte senza ambizione. Bisogna però mettersi d’accordo: cosa vuole dire ambizione? Spendere, che so, 8 milioni per arrivare ai playoff e l’anno dopo, ben che vada, sprofondare fra i dilettanti? Certo, alzare l’asticella sarebbe entusiasmante, una scossa all’orgoglio auspicabile, un premio a chi sta attaccato alla maglia, macina chilometri e porta pazienza quando mogli e fidanzante sbuffano. L’eterno dilemma fra la realtà e la fantasia tornando alla storia dei mucchi di fieno… Questa Pro Patria, dal campo alle scrivanie, può essere questa senza disperare, senza mettersi il cuore in pace. La signora Patrizia, che di purosangue s’intende, potrebbe trovare, magari a sorpresa, il cavallo giusto per alzare quella benedetta asticella.
Silvio Peron